È il tipo di tumore più frequente fra gli uomini e colpisce anche a 50 anni: si stima che ogni anno nel nostro Paese siano oltre 36mila le nuove diagnosi di cancro alla prostata.
Circa 20mila pazienti hanno bisogno dell’intervento di prostatectomia radicale, un’operazione chirurgica che consiste nell’asportazione totale della ghiandola prostatica:
• Salva la vita ma può provocare effetti collaterali invalidanti, quali impotenza e incontinenza urinaria.
• Per questi disturbi, che “pesano” sia a livello fisico che psicologico, sono disponibili delle soluzioni risolutive, ma non ancora per tutti.
Due tipi di problemi dopo l’asportazione del tumore
Spiega Carlo Bettocchi, professore associato di Urologia all’Università di Foggia e direttore dell’Unità dipartimentale di Andrologia e chirurgia genitali esterni presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti di Foggia:
«In seguito alla prostatectomia radicale per l’asportazione del tumore maligno alla prostata, il paziente può avere principalmente due tipi di problemi:
1. la disfunzione erettile, abbastanza frequente (circa il 40-50% dei casi)
2. l’incontinenza urinaria, più rara ma, dopo l’intervento, si verifica comunque in 5-10 casi su cento.
Entrambi le problematiche sono risolvibili, a volte con terapia medica e riabilitativa ma più frequentemente con dispositivi protesici:
• la protesi peniena in caso di disfunzione erettile,
• lo sfintere urinario artificiale in caso di incontinenza urinaria – prosegue l’andrologo –.
Però, non rientrano nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), per cui vengono impiantati a macchia di leopardo sul territorio nazionale, in base a scelte fatte da singoli ospedali o Asl che decidono di rimborsarli a carico del Servizio sanitario nazionale.
Basti pensare che in Italia vengono impiantate poco più di 600-700 protesi peniene l’anno, meno di un decimo rispetto alle reali necessità.
I dispositivi Medici non sono un vezzo
Non si tratta di interventi di natura «estetica», ripetono una volta di più gli specialisti. «Stiamo parlando delle conseguenze di patologie tumorali –sottolinea il presidente della Società italiana di andrologia (SIA), Alessandro Palmieri, professore di Urologia all’Università Federico II di Napoli –.
Con la nota 75 si possono prescrivere i farmaci contro la disfunzione erettile gratuitamente, a carico del Servizio sanitario nazionale; però, se le terapie mediche falliscono, le protesi peniene non sono un vezzo per i pazienti oncologici, come non lo sono le protesi mammarie che vengono impiantate, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, alle donne che hanno subito un intervento di mastectomia, l’asportazione chirurgica della mammella in seguito al tumore.
Per questo, – prosegue il professor Palmieri – come Società italiana di andrologia, insieme alle associazioni di pazienti, da anni chiediamo il loro inserimento nei Lea per garantire a tutti un accesso equo e omogeneo alle cure».
Cosa comporta il mancato inserimento nei Lea
Non essendo un «Livello essenziale di assistenza», in molte regioni coi DRG (rimborso che la Regione riconosce all’ospedale per ogni specifica attività ndr) non si riesce ad assicurare la piena copertura dei costi, quindi viene garantito un numero limitato di dispositivi medici.
Dice Pier Raffaele Spena, presidente della Federazione delle associazioni di incontinenti e stomizzati (Fais odv):
«L’adeguamento dei DRG a totale copertura dei costi è un elemento fondamentale per garantire, a chi ne ha bisogno, un intervento che può cambiare in meglio la qualità di vita. Per questo è prioritario anche implementare la rete dei Centri per l’incontinenza di primo, secondo e soprattutto di terzo livello ad alta specializzazione in tutte le Regioni, come previsto dall’Accordo della Conferenza Stato/Regioni del 2018. Solo così si potranno garantire interventi efficaci e un’assistenza di qualità».
Sperequazioni tra uomini con lo stesso disturbo
Rinforza il professor Bettocchi: «Gli stessi diritti dovrebbero essere riconosciuti a tutti gli uomini che subiscono un intervento di prostatectomia dopo un tumore alla prostata, come avviene, giustamente, per le donne dopo un intervento di mastectomia.
Oggi, in caso di incontinenza vengono rimborsati solo i pannoloni, ausili che di solito vanno utilizzati per tutta la vita; peraltro, è stato dimostrato che il loro costo per il Servizio sanitario a lungo termine è superiore a quello del dispositivo protesico, che s’impianta all’inizio e risolve per sempre il problema.
Quanto alla disfunzione erettile, – spiega l’andrologo – avviene poiché a volte la rimozione del tumore – necessaria per salvare la vita del paziente – può danneggiare le strutture deputate all’erezione, in particolar modo i nervi, per cui le terapie farmacologiche non possono funzionare. Inoltre, la mancata erezione dopo l’asportazione del tumore è un problema funzionale che riguarda non solo l’uomo, colpito dalla patologia (a un’età non avanzata), ma anche la sua partner e, quindi, si riflette sulla sfera psicologica danneggiando l’autostima dell’uomo e anche il suo rapporto di coppia.
E poi, – fa notare Bettocchi – si creano sperequazioni inaccettabili tra uomini con lo stesso disturbo: quelli che riescono ad avere la protesi peniena a carico del Servizio sanitario nazionale, quelli che possono farsela impiantare privatamente di tasca propria e chi, purtroppo, non può permettersela (il costo si aggira intorno ai 7-10 mila euro)».